Analisi de “Il Petroliere” di Paul Thomas Anderson
PAUL THOMAS ANDERSON
Il Petroliere
(There Will Be Blood, Usa 2007, 147 min., col., drammatico)
Incipit
Una vallata della California. Musica ronzante, un continuum implacabile. Picconate. Una miniera d’argento. Poi un martello percussore cade per caso, facendo affiorare fango nero sulla superficie. La miniera diventa un pozzo. Crolla un argano e muore un operaio. Dieci minuti di cinema assoluto, assenza di dialoghi, fredda rappresentazione. L’incipit de Il Petroliere (http://www.youtube.com/watch?v=Lw91jnWxbKw&feature=related) eguaglia per grandiosità e potenza quello di 2001 Odissea Nello Spazio, il quale persino non “iniziava” che dopo due o tre minuti di spasmodica attesa. Qui troviamo, al posto del monolite kubrikiano, una materia scura e viscosa, che provoca un analogo”salto” nella narrazione.
Di dreeeeenaggio si tratta!
Il Petroliere, titolo italiano che indica un personaggio specifico (il cercatore di petrolio Plainview), sarebbe azzeccato se stessimo per guardare la tipica vicenda americana dell’uomo che si fa da sè . Ma There Will Be Blood, questo il titolo originale e davvero indicativo, è ben altro. Di drenaggio si tratta, come recita Plainview nel finale (Io..Bevo..Il tuo…Frullato! http://www.youtube.com/watch?v=j0Ie6Z5xP0o): prosciugamento della materia e dello spirito, annunciato come una profezia di sangue per chi lo ostacolerà. E’ la storia di un uomo che abdica alla propria umanità per realizzarsi nella sociopatia totale; che piega a suo piacimento la natura. L’uomo nuovo che, sbranando la terra, (Il sangue dell’agnello, lo bevo io ecco il “sangue” del titolo), riesce a crearsi una vita senza gli altri, di totale autosufficienza, attraverso il sacrificio di chiunque lo circondi.
Io sento la competizione in me… io non voglio che gli altri riescano
Sete di dominio, soppressione di qualsiasi forma di moralità a favore della logica industriale; metafora a tinte forti della società americana, divisa tra arrivismo spietato e ipocrisia come fondamenta esistenziale (sono un uomo di famiglia..). L’aspetto individuale (l’impero di Plainview) e quello collettivo (la chiesa “Terza Rivelazione” di Eli) si scontrano per tutta la durata del film scandendone il ritmo. Quando Plainview si imbatte in Eli e nelle sue prediche invasate, è travolto da un desiderio di pura sopraffazione: dichiarata la sua apostasia (e quindi la sua falsità, cosa che non lo rende migliore di Plainview), Eli soccombe nella massima umiliazione imposta del tiranno, che impone il suo potere e la sua superiorità fisica.
Voglio guadagnare così tanto da stare lontano da tutti
Misantropico, antisociale, la figura di Plainview è una delle più terribili della storia del cinema. In quella che forse è l’interpretazione più sensazionale del decennio, Daniel Day Lewis dà volto a un eroe titanico del male: un personaggio alla ricerca di un’indipendenza assoluta, che vuole vivere in una civiltà senza società. Il desiderio di dominare e distruggere tutto è una affermazione abnorme di volontà e individualità; per raggiungere l’obiettivo è disposto a eliminare chiunque si imbatta sul suo cammino. Plainview vede il peggio delle persone al primo incontro e ne è disgustato: Il “fratello” ritrovato, parassita dietro il suo volto gentile, ucciso per il pericolo che costituisce alla sua solitudine.
Oil!
La pellicola è ispirata al romanzo Oil! Di Upton Siclair. Si tratta però di una libera trasposizione: infatti al regista Paul Thomas Anderson (Boogie Nights, Magnolia) poco importa la storia originale. Il ritratto a tinte forti del magnate del petrolio Edward L. Doheny è solo un pretesto per raccontare l’avidità rapace statunitense. Lo fa con uno stile essenziale, mettendo in luce poche figure molto ben delineate, quasi “sopra le righe”, e sorretto da una diegesi che procede a blocchi narrativi separati. La storia è scritta con una fotografia che da accecante si fa sempre più buia; dagli esterni si passa agli interni; i campi lunghi si riducono a primi piani. Tutta al servizio della regressione cancerogena nella personalità di Plainview, sempre più solo. La scena dell’esplosione è eccezionale (http://www.youtube.com/watch?v=-6eXVOZ0lS8) e mette in luce tutto il suo cinismo: seduto a guardare la torcia infuocata dal pozzo dopo che il figlio (bastardo in una cesta) rimane sordo e ferito. Evento che alimenta la sua autocombustione fino a un punto di rottura, con la resa dei conti finale, nella quale finalmente esclamerà: I’m Finished (http://www.youtube.com/watch?v=I1PYp-fsZOA).
Ho finito
“Il petroliere” è già considerato una delle opere-chiave degli anni zero. il parallelo presentato è ardito, tra l’america interpretata da Plainview, quella chiusa e protezionista degli anni 20, e quella dell’epoca Bush. Il film, candidato a ben 8 premi oscar, ebbe la “sfortuna” di trovarsi in competizione con Non è un paese per vecchi, altra pellicola mastodontica, vincendo solo nelle categorie di miglior attore e miglior fotografia.
Stefano Uboldi
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