Raymond De Felitta: City Island
RAYMOND DE FELITTA
City Island
(Usa 2010, 100min., col., commedia)
Il cinema americano ha prodotto, soprattutto negli ultimi anni, film che parlano delle contraddizioni della middle class familiare, argomento trito e ritrito, con atteggiamento più o meno comico o sarcastico, cinico o melodrammatico (American Beauty).
Questo film non dice niente di nuovo. Il contenuto: segreti di famiglia e accettazione della propria natura.
Trama da sbadiglio: padre guardia carceraria con sogni di attore, mente alla moglie che, ingelosita, chiava con il detenuto in libertà vigilata (che in verità è il figlio segreto del marito), mentre i figli sono uno antipatico nichilista ossessionato dalle donne obese e l’altra una diligente studentessa preparatevi…in verità spogliarelista di night club!
Lo stile: pseudo-indipendente ammiccante a quel pubblico che vorrebbe continuare a guardare la solita solfa ma potendosi vantare di seguire il “panorama alternativo”… cioè, “io guardo film a basso budget perchè quelli rappresentano la realtà” ma non aspettano altro che piazzarsi in sala a guardare Prince Of Persia.
I personaggi sono davvero eccessivi, il detenuto dalla dura corazza ma in cerca della figura paterna, la moglie insoddisfatta..personaggi di condimento per dare un pò di eccentricità…solo Andy Garcia è naturale e convinto, come nella scena del provino (per un film di Scorsese..).
Dovrebbe essere la classica “commedia-che-però-fa-riflettere” ma non fa ridere neanche un pò.
Particolare bruttezza della musica, onnipresente e insipida, del tipo sto giocando a un videogame, non sto guardando un film.
E’ un film che potrebbe essere tranquillamente presentato al sundance; sul genere di commedie stile “Little Miss Sunshine” o il recente “Sunshine Cleaning” (guardacaso con stesso nome, i film sembrano tutti uguali) e “500 giorni di Summer”… che affrontano temi scontati sempre nello stesso stile “stravagante” ma innocuo, film carini insomma ma sopravvalutati e peggio che peggio, di finta denuncia e mediocrità di fondo, sempre più lampante alla critica che ormai prende puntualmente di mira questo festival.
Stefano Uboldi