Mostra del Cinema di Venezia: 4 Settembre
CONCORSO – Abel Ferrara: Pasolini
Se non il più bello del concorso, l’ultimo film di Ferrara è senz’altro il più articolato e problematico, e, in definitiva, il più interessante, quello più orientato nella direzione della complessità. In Pasolini Willema Defoe incarna il regista bolognese nel suo ultimo giorno di vita, tra interviste, lavori e nuovi progetti, fino alla tragica notte della sua uccisione. Sorvolando su alcune pecche del film, tra cui alcune interpretazioni mal realizzate ed un utilizzo incomprensibilmente simultaneo dell’inglese e dell’italiano (caratteristica che può ostacolare e distrarre, ma che di certo non inficia la qualità principale dell’opera), Ferrara ancora una volta dimostra fegato e competenza. Fegato perchè tentare un film di Pasolini significa canalizzare (e catalizzare) ogni critica su di sè; Competenza perchè assimila cinematograficamente lo spirito del regista evocando e richiamando molte delle sue opere in momenti-chiave, che però forse solo i più fedeli spettatori riconosceranno. Inoltre bisogna chiarire che Pasolini non è da intendere semplicemente come un biopic (anzi, non ha proprio nulla del biopic, a differenza del più grande/bello ma convenzionale film su Leopardi) ma come un film mentale, come un sogno ad occhi aperti all’interno delle idee e delle paure dell’uomo, realizzato con grande sicurezza e rigore registico. Ritorneremo a parlarne, tentando anche un confronto col suo ultimo Welcome to New York. Un film imperfetto ma di quelli che piacciono a noi, da vedere e rivedere.
Stefano
SETTIMANA DELLA CRITICA – Vuk Rsumovic: Nicije Dete
Il tema non è nuovo, ma la sua variazione colpisce. Ambientare il mito del selvaggio ritrovato nella natura e poi trasportarlo in mezzo agli anni che precedono la guerra in Jugoslavia, è davvero coraggioso. Il risultato è un buon film: fluido, onesto e semplice. Trovato nei boschi con i lupi, il protagonista vive come uno di essi, mangia come tale e si muove nella stessa maniera. Solo l’orfanotrofio e un amico riusciranno a farlo diventare civile. Si è di fronte a un buon film, anche se il finale è un po’ prevedibile, nonostante le immagini emozionanti. Ottima, però, l’interpretazione del giovane attore, in grado di guardare il prossimo con occhiate animalesche e con espressività sconcertante. Certo non sarà una pietra miliare del cinema, ma il grigiore jugoslavo è mostrato con perfetta maestria.
Mattia
ORIZZONTI – Chaitanya Tamhane: Court
E’ piaciuta moltissimo questa pellicola che parla dei paradossi della giustizia nell’India moderna. Court è un film asciutto e lineare, che segue cronologicamente il processo che coinvolge un vecchio cantante ex-militante di sinistra accusato di aver istigato al suicidio un lavoratore delle slum. L’accusa fa a acqua da tutte le parti, eppure ogni volta compare una nuova ragione per mettere a tacere l’uomo: il film conseguentemente cerca di svelare un sistema giuridico strutturato al fine di togliere di mezzo chiunque stia antipatico al pensare comune, anche se inerme; sono, inoltre, sottintese le sette religiose e i contrasti etnici che flagellano l’India. Ad aiutare il vecchio sarà un giovane avvocato in una lotta rivolta anche contro leggi che risalgono persino al sistema giuridico coloniale. Il film opera quindi sul piano giudiziario (l’andamento è quello tipico da courtroom-movie) alternandosi con scioltezza al piano personale (la vita dell’avvocato). Può sembrare banale, derivativo, ma non è così: l’idea del film è davvero efficace, non annoia neanche per un attimo, e talvolta appaiono anche momenti di grande cinema (l’ultima sequenza, una curiosa appendice che non ti aspetti).
Stefano
GIORNATE DEGLI AUTORI – Ivano de Matteo: I Nostri Ragazzi
Noia assoluta. Situazione improbabile, personaggi poco credibili, recitazione fiacca e narrazione imbarazzante. Affermazioni banali? Sì, ci dispiace ma il film di Ivano De Matteo è davvero spiacevole. Se l’inizio parte in quarta con virtuosismi della cinepresa e una messa a fuoco cangiante, la seconda parte dopo la “bischerata” dei ragazzi cade nel patetico. Una camera di sorveglianza riprende il misfatto dei due giovani e subito dopo il programma “Chi l’ha visto?” lo propone in televisione. Va bene, ci può anche essere una volta. Quante volte nella pellicola è mostrata o citata la trasmissione? Una quarantina di volte. È brutto parlare di queste cose, ma l’impressione è di stare a guardare una pubblicità assillante per la nuova stagione televisiva del programma che, guarda caso, è prodotto dalla Rai, come la pellicola in questione. Ci soffermiamo su queste banalità? Sì, è tutto ciò che ci è rimasto in mente di I nostri ragazzi. Si dimenticava: Luigi Lo Cascio ci ha spintonato all’uscita della sala per poter recarsi al bagno. Anche a lui non è piaciuta la pellicola?
Mattia
CONCORSO – Andrej Koncalovskij: The Postman’s White Nights
La pellicola russa in concorso è una vera manna dal cielo. A fine festival la stanchezza inizia a farsi sentire, ma Koncalowskij regala qualcosa di “fresco”. Un’immagine genuina, attori al naturale e una paletta cromatica degni di un documentario. Una storia semplice ma efficace. Nessun giro di parole, espressioni semplici ma efficaci accompagnano una narrazione fluida che non tralascia momenti d’ironia (si veda il gatto) e di riflessione (il razzo). Ottimi alcuni piani sequenza, come gli attori: nessun professionista, ma tutti presi dai villaggi in cui sono state ambientante le varie sequenze. Non vincerà il Leone d’Oro, ma ben vengano pellicole di questo genere.
Mattia
FUORI CONCORSO – Joe Dante: Burying the Ex
Burying the Ex
Stefano
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