72 Mostra del Cinema di Venezia: 4 Settembre

FUORI CONCORSO – Scott Cooper: Black Mass (USA)

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Perfetto film da fuori concorso, di quelli necessari per mantenere alto il profilo della Mostra veneziana e canalizzare l’attenzione mediatica. Black Mass è un ottimo gangster movie, con soluzioni narrative e visive evidentemente derivate da Martin Scorsese, e un Johnny Depp che interpreta un boss efferato e carismatico nella Boston tra anni ’70 e anni ’90. Depp ci è sembrato in gran rispolvero, soprattutto in un periodo in cui criticare tutto quello che fa è diventato sport nazionale.

 

 

GIORNATE DEGLI AUTORI – Carlo Lavagna: ARIANNA (Italia)

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Piccola sorpresa scelta quasi per caso, Arianna è un film a basso budget senza grosse pretese, e anche senza grosse sorprese. Ci si aspettava un film più sperimentale, a giudicare dalle premesse, ma fondamentalmente si tratta di una pellicola di formazione con protagonista una giovane ragazza affetta da una sindrome, che comporta il non riuscire a sviluppare un sesso definito (in pratica, quella che si chiama un ermafrodita), ambientato nella campagnia laziale. Un film, come si può immaginare, sulla ricerca dell’identità sessuale, affrontato con naturalezza e spontaneità, non privo di brevi momenti di ottimo cinema. C’è una grande cura e una grande sensibilità, ma soprattutto dietro si percepisce una solida conoscenza della materia in questione, rappresentata con intelligenza e senza mai ricorrere a patetismi. Mi ha ricordato, pur essendo molto meno sperimentale, il film di Alessandro Comodin L’Estate di Giacomo.

 

CONCORSO – Drake Doremus: Equals (USA)

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Veramente incommentabile questo film, e sarebbe meglio fare così: non commentarlo. Ma vabbè, per dovere di cronaca…Il discorso antipatico e un pò snob che ripetiamo come talebani che pregano sul Corano nei confronti di certo cinema indie americano premiato al sundance (questo Doremus alcuni anni fa ha addirittura vinto il premio più importante della rassegna americana, con Like Crazy, che era una sòla totale, per dirla con gentilezza) finalmente dà i suoi frutti: il pubblico, alla fine, non si è fatto prendere per i fondelli da questo filmetto per sedicenni lobotomizzati. C’è ancora fiducia nel futuro della critica cinematografica dunque, e giorno dopo giorno ancora un pò di meno meno per chi ha messo questa allucinante porcheria in concorso. In un futuro distopico saremo tutti emotivamente lobotomizzati (appunto), nel senso che saremo privi di emozione per vivere meglio, mentre invece saremo intelligentissimi e in armonia. L’emozione è vista come una malattia da isolare e scongiurare. In questo ambiente futuristico con una scenografia che pare uscita da un catalogo di minimal design fighetto, scoppierà l’amore tra due impiegati (una di queste, la vampiretta Kristen Stewart, che pensavamo si fosse redenta l’anima con Assayas, e invece no): sarà il caos, ma alla fine (SPOILER) l’amore vincerà. Un film di soli primissimi piani e fondali fuori fuoco anche dove non serve ovviamente, perchè rappresentare una scena con profondità di campo no, non è abbastanza alternativo. Il giudizio su questo film, a meno di non essere in cura psichiatrica, non può che essere fantozziano.

 

CONCORSO – Aleksandr Sokurov: Francofonia (Francia/Germania)

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Dulcis in fundo, l’attendavamo da anni, e l’attesa è valsa la pena. Il valore cinematografico e intellettuale del film di Sokurov è incalcolabile. Francofonia è il nostro film, il film che rispecchia i valori del cinema in cui crediamo, di un cinema che vuol fondere le arti, illuminare la Storia, valorizzare l’immagine e liberarla dalle maglie della trama, rifiutare la semplificazione e il compromesso per aprirsi all’articolazione, disposto anche a mettersi in discussione, sempre sorretto da un’ironia in grado di tollerare ogni digressione, e quanto meno te l’aspetti, a decollare per voli pindarici, per mezzo soprattutto della tecnica “narrativa” e onirica del grande Bruno Delbonnel, la cui fotografia costituisce una vera e propria macchina del tempo visuale. Ed è proprio l’arte del museo del Louvre che prende vita, investita a redimere tutta l’atrocità umana…Il Louvre sotto l’occupazione nazista viene eletto dagli uomini che l’amministrarono, nonostante le ideologie contrapposte, e nell’epoca più buia dell’umanità, come l’unica Arca dove è ancora possibile immaginare il futuro proteggendo il passato. Una fonte di idee e considerazioni, questo film, il cui confronto con le altre pellicole in concorso non vale nemmeno la pena fare, tanto è fuori ogni categoria. Troppa carne al fuoco, non è la sede e il momento, serviranno altre visioni.

Stefano